Lo Shiatsu in Libano continua a compiere passi (a “gatto”, magari…) e, pollice dopo pollice, prosegue nel suo cammino. L’amica Pina Natale ci invia un nuovo racconto di questa avventura che, con piacere, condividiamo con voi. Speriamo, anche con il vostro aiuto, di poterla raggiungere in primavera…
Giov 14 nov 2013: È mezzogiorno e sui tatami dello shiatsu si rovescia in un grande vassoio il maklobi, piatto tipico palestinese a base di riso- pollo- vegetali – spezie varie, che si cuociono a strati a partire dal pollo e poi vengono capovolti e serviti ( da cui il nome che significa appunto capovolgere).
Io e Tiziana, l’amica che mi ha accompagnato in questa seconda fase dell’avventura “shiatsu al femminile nei campi profughi palestinesi” , avevamo mostrato interesse per la cucina delle donne del campo e chiesto ricette per i nostri amici al ritorno, ed ecco che veniamo accontentate: il piatto è squisito e viene servito con il tabuli, insalata di pomodori ravanelli cetrioli tagliati a dadini piccolissimi .
Sediamo in cerchio, quasi come prima nel Gashò, e mangiamo di gusto scambiandoci commenti e apprezzamenti, tutto espresso più dalla mimica e dai sorrisi che dal dialogo: la barriera linguistica è importante ma non determinante quando si sta bene insieme e si ha voglia di comunicare.
Siamo nel campo palestinese di Bourj el Shemali e per 15 giorni si rinnova la magia comunicativa dello shiatsu, un secondo livello di apprendimento, dopo il primo di aprile-maggio, secondo livello in cui si perfezionano i kata del primo con l’aggiunta di tutti i meridiani e della posizione sul fianco.
Sono in 15 a frequentare il secondo livello, 16 con Abeer, l’assistente sociale di Assomoud che apprende lo shiatsu ma soprattutto traduce dal mio povero inglese all’arabo.
Le donne hanno praticato durante tutti questi mesi prendendosi, come dicono contente, belle soddisfazioni dall’apprezzamento di amici e parenti, la maggior parte di loro ha continuato ad incontrarsi una volta alla settimana per lavorare insieme nel centro di Aloula, tutte le presenti, dopo la scrematura del primo corso, sono decise a continuare e ci tengono moltissimo a meritare gli attestati di frequenza e il diploma finale che, in collaborazione con la scuola Shiatsu-do, arriverà l’anno prossimo a coronare la loro fatica e la nostra avventura.
In questi giorni si celebra in tutto il mondo mussulmano l’ Ashura che commemora l’assassinio di Hussein ibn Ali, pronipote del profeta Maometto e pretendente al califfato, evento che portò alla divisione permanente tra sunniti e sciiti. Le celebrazioni durano una decina di giorni e l’ultimo, il 10 del mese di Moharran, è giorno di lutto pubblico per gli sciiti.
Noi ci troviamo alla periferia di Tiro nel sud del Libano, patria di Hezbollah, fazione sciita del movimento politico arabo musulmano ed uno dei principali partiti politici in Libano. La città da giorni è vestita di nero, drappi neri avvolgono i tronchi dei rari alberi, manifesti e bandiere neri sui palazzi e per le strade; ancora più neri, se possibile, gli abiti e gli hijab delle donne, di nero sono vestiti perfino i bambinetti e le bambinette di pochi anni. In molte località avvengono processioni simili a quelle dei flagellanti del nostro sud con spargimento di sangue ed esplosione di folle esagitate e gridanti.
Il nostro gruppo di shiatsu non può fermarsi per nessuna festività questa volta: io sono qui solo per 15 giorni e dobbiamo mettere a profitto il maggior tempo possibile visto che gli impegni familiari di ciascuna di loro e la stretta osservanza delle regole che impongono alle donne di ritirarsi al calar del sole ( in questo mese il tramonto è alle 16,30 circa e alle 17 è già buio) ci impediscono di allungare troppo l’orario giornaliero. Contrariamente alla volta scorsa le lezioni si svolgono anche di venerdi, giorno festivo per i mussulmani , e la seconda settimana saremo impegnate anche di sabato e domenica.
Nel centro Aloula solo un televisore nell’atrio ricorda l’ Ashoura, con riprese dall’alto di folle oceaniche nere come la pece, serpeggianti nelle strade di Bagdad, intanto nella saletta tappezzata di tatami è il Gashò che apre e chiude il cerchio dei nostri incontri e le donne, pur molto osservanti, non sembrano rammaricarsene. Mi ringraziano sorridendo con gli occhi per essere ancora qui con loro, e rispetto alla scorsa volta, tutto fila più liscio e disinvolto: abbigliamento, posizioni, respiro e fluidità delle movenze nell’esecuzione del kata. Anch’io sono grata per il calore e l’umanità che sprigiona dall’insieme e per quest’avventura che ho scelto di vivere, per questo voglio dire GRAZIE ad ognuna delle “mie donne”:
Abeer, Amal, Souad, Mona, Mona, Nidal, Nawal, Nisreen, Samar, Mariam, Sumaiya, Lulu, Azeeza, Seham, Salwa, Fatima.
Tornerò ancora in questo campo il prossimo anno, voglio seguirle fino alla fine della formazione, spero di lasciare loro, insieme ad una piccola possibilità di lavoro e benessere, i semi di una nuova liberante consapevolezza , una piccola pacifica “rivoluzione” in cui anche lo shiatsu e la saggezza orientale possono essere un tramite e non solo un fine.
Pina Natale